sabato 26 maggio 2012

Firenze Lugano, andata e ritorno

E' sabato 19 maggio 2012 e Nicola Casini mi sta scattando una polaroid per il suo progetto "Shoot me", io ho una sigaretta nella mano destra e un cartello in cui ho scarabocchiato una roba con l'organizzazione degli spazi tutta mia.
Mentre sto immobile e assonnata con il sole in faccia, penso che devo ancora fare la valigia. Faccio sempre la valigia poche ore prima di partire, questo è perché sono indecisa e cambio idea mille volte nei momenti meno indicati.
Saluto Nicola e decido che mi porterò dietro tante mutande e calzini, per il resto può bastare un cambio solo, dopotutto basta lavarsi.

Salgo sul treno, è puntuale e io ho il posto prenotato, anche se un tipo abbastanza maleducato ed inutile mi guarda storto dal mio sedile, sporco (il sedile, non il tipo), azzardando con un accento del Sud Italia qualcosa come "ah, questo è tuo?" "si, è mio" rispondo io fiera e già col giramento di cazzo.
Insomma il ragazzo si sistema in corridoio, la sua fidanza mi guarda con quell'aria superiore dal sedile di fronte alla mia destra. "Amò, mi passi l'iapadde?" e si mette a giocare a Fuirt Ninja, incrociando le sue bellissime gambe da mucca avvolte da una minigonna imbarazzante. A dire il vero, è tutta imbarazzante, ma chi sono io per giudicare? 
Comincia il viaggio della speranza.
Io leggo, ma alla stazione di Bologna salgono figlio e mamma inglesi e non resisto alla tentazione di spararmi nelle orecchie della musica violenta a volume indiscreto, giusto prima di sentire "Bloody Hell!!! This station is pretty ugly", "Welcome to Italy", penso e provo a dormire.
Quando riapro gli occhi mi trovo di fronte un cinese che mi fissa, tolgo le cuffie e lo fisso con disappunto, allora lui riprende a leggere la sua guida all'Italia (che presto abbandona per accavallare le gambe e continuare a fissarmi).

Siamo a Milano! Posso uscire dal treno e dimenticarmi gli odori e i rumori che mi hanno accompagnato per tutto il viaggio. Dopotutto mi aspetta il treno per Lugano. Idiota. Non ho pensato al fatto che sono sempre in Italia e che il treno che mi porterà in Svizzera è italiano, che è di Trenitalia per la precisione.
Entro dunque, trovo il mio posto e scopro che è inondato di una bevanda giallina e non ben identificata. Che cazzo. Mi siedo nel sedile a fianco, ma naturalmente nel giro di cinque minuti il treno si riempie di tedeschi e io devo trovare una soluzione per non sporcare il mio bellissimo e pulitissimo culo. Sacrifico una sciarpa vecchia che penso di aver pagato non più di cinque euro.
Un uomo e una donna, una coppia, mi calpestano i piedi tre volte a testa, giusto perché ho le scarpe di camoscio, io guardo male loro e quel terribile cappello peloso che sbuca dalla borsa di lei.
Di nuovo sono salva grazie all'ipod, quasi mi addormento, ma quando apro un occhio per controllare la fermata trovo quel terribile cappello peloso a fissarmi con due occhi tondi e sporchi. Va bene, è un cane tascabile, con addosso un agghiacciante cappottino rosa, con un fiocco in fronte e un'aria così triste da fare pena perfino a me, che odio i cani tascabili.

Lugano! Con dieci minuti di ritardo, ma meglio tardi che mai.
Esco dalla stazione, cerco un posacenere ma trovo Giulia, una gentilissima ragazza che mi vestirà per il photoset di domani. Giulia è la speranza, il primo viso carino e pulito che incontro da quando sono partita.
Ci avviamo a prendere l'autobus, facciamo il biglietto alla macchinetta, presente a ogni fermata e il ricordo del cane tascabile comincia a sbiadirsi nella mia mente.
Raggungiamo Salvo in piazza e io mi guardo intorno. E' in corso un festival per giovani! Non ci crederete mai, ci sono veramente i giovani ovunque, in piazza, sul palco, a fare le foto per conto del comune e sono tutti belli, o per lo meno, più belli della mucca sul treno Firenze-Milano. Praticamente è un evento organizzato dal comune di Lugano per invogliare i giovani a uscire di casa, a fare vedere cosa sanno fare a livello musicale ed è completamente gratis!
Io sono sotto shock. Vedo vicino ad una ringhiera una cassa di birra, appartiene naturalmente a qualcuno e, sorpresa delle sorprese, nessun altro tenta di rubarla.
Vedo, tra infiniti giovani con ai piedi qualcosa che non mi ricorda né le ballerine né le scarpe da ginnastica all'ultima moda, una lattina di coca e mi sento male. Solitaria lattina che riflette le luci del palco e sembra quasi che pianga, viene voglia di raccoglierla, di accudirla e di affidarla a un signor cassonetto. 
Finiti i concerti io crollo, troppi giovani tutti insieme, così Giulia mi accompagna a casa. Torniamo col "Nottambus", servizio attivo fino alle 2:30 di mattina, che però non comprende abbonamenti o biglietti regolari, perché paghi quando sei sopra, perché è un extra. Qualcuno si lamenta e io penso che preferisco sto stronzo così, malcontento, piuttosto che morto schiantato contro un muro.

Vi evito la parte dello shooting del giorno dopo, perché mi rendo conto che leggere COSì TANTO e tutto insieme è faticoso, magari farò un altro post in seguito, perché stranamente più il ritmo nella scrittura è scandito più diventa di facile lettura. Mi dispiace di non avere voglia di accompagnare il mio resoconto con una valanga di foto, ma per quello potete sempre andare nel reparto "reportage fotografici" in libreria, o alla peggio in quello 0-12, hanno persino quei libri in cartone riciclato con il servo che potete far muovere per mettere la scarpetta a Cenerentola.

In quanto al mio ritorno. Beh. Ho il piacere di viaggiare fino a Milano con un treno svizzero, pulito, puntuale, con finestre giganti ed una gentile voce registrata che annuncia le fermate.
Guardo fuori e penso al giorno precedente, a tutte le cose che Salvo, Giulia, Romina e Dario mi hanno raccontato, mi rendo conto che da qualche parte fuori dall'Italia vale la pena di sbattersi per le proprie passioni, che si può fare il lavoro che si ama e che si può essere pagati offrendo arte.
Penso all'intervista che devo fare ad un giovane fotografo italiano per una rivista STRANIERA, perdio. Ci sono così tante menti brillanti qui, perché lo Stato non ne fa tesoro?
Se si continua così l'Italia affonderà con sulla nave soltanto il poco convinto capitano, i passeggeri piuttosto che marcire negli abissi rischieranno la fuga a nuoto.

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