giovedì 11 dicembre 2014

Quando vale la pena partire, quando vale la pena tornare

Sto facendo le pulizie. Nella mia testa e intorno a me. Forse sono arrivata a un punto in cui non so più con chi valga la pena passare il mio tempo e con chi no, non so più chi sa ascoltare e chi ha solo il vizio di interrompere. Non so perché continuo a percepire le invidie e le frasi fatte e la presenza sempre maggiore dei nemici, però quelli sinceri. 
A tratti vorrei ricominciare daccapo, dove non conosco nessuno, in un luogo totalmente nuovo e incontaminato, ma poi penso che una volta c'ho provato e non fa tanta differenza.

Presto tornerò a Londra, definitivamente e forse è una città un po' inflazionata e non poi tanto lontana, ma davvero importa dove andare se solo nella speranza che qualcuno noti la tua assenza? 
Voglio solo andare via e prego con quanta forza ho in corpo di non diventare dipendente da Jakub emotivamente, ma alla fine... non credo di aver mai sentito un'ispirazione così forte di fianco a qualcuno, quindi forse dovrei solo godermi il desiderio di diventare una persona migliore per salvaguardare il mio amore. Sono determinata, passionale e ho fatto molto e ho ancora voglia di fare tanto, il fatto di essere così innamorata non dovrebbe spaventarmi, perché si tratta di un rapporto sano e sincero, non può contaminare la mia autonomia, i miei progetti. Questa volta mi fermo e non vedo proprio come potrebbe andare diversamente.

A volte mi sembra che l'amicizia vera duri solo se nata a distanza fin da principio, se ci si allontana dopo qualcosa si rompe e tutto diventa più importante, si dimenticano numeri, i bisogni rimangono insoddisfatti. E io non ho voglia di un'amicizia del genere.
Penso ad Alex, lontano prima, più lontano che mai ora, ma presente, sento forte la sua essenza, quasi mi percepisce quando lo penso, si disegna dal niente e ha finora smosso montagne nonostante le incomprensioni, i litigi, la distanza.
Penso a molti altri che stanno così vicini e per qualche motivo, puramente a intuito, non me la sento proprio di disturbarli per condividere un pezzo della mia vita con loro. Io non voglio stare nella vita di qualcuno se non faccio la differenza. Non voglio sconvolgere l'esistenza di nessuno, ma ho molto da fare e molto da dare, non ci posso più rimettere con la mia autostima, non posso più stare male per queste cose.

Mi aspetta un nuovo inizio e non importa dove sarò, so che Chiara mi cercherà ancora, in modo sincero e spensierato, perché ne ha voglia, perché è curiosa e non importa quanto abbiamo legato o meno, perché lei rimarrà autentica e disinteressata. Daria non è tipa da perdersi in telefonate e messaggi, ma c'è, in qualche modo c'è sempre; sono spaventata all'idea di perderla, perché c'è soprattutto quando siamo insieme, cosa succederà quando me ne andrò? Si ricorderà di me? Mi vorrà ancora bene? È molto difficile per me decifrare le sue emozioni, ma, come dicevo a Jakub tempo fa, lei è uno dei motivi per cui mi piange il cuore ad andare via. Quando ho trovato una persona fedele a se stessa, sincera, una persona a cui voler bene incondizionatamente, ecco che è ora di seguire il vento. E poi c'è Eri... che probabilmente non verrà mai a trovarmi oltremare, ma è un tesoro per cui vale la pena tornare di tanto in tanto. Appare quando meno me l'aspetto. È quella persona che ha preso la macchina per venire da me, sempre, nel bene e nel male, che in questi anni ha fatto molto per me, senza nemmeno rendersene conto.


E così, per la prima volta, finalmente, ci sono più donne che uomini ad essere solidali, di livello. È una cosa che mi rende infinitamente felice, perché se una donna crea un legame vero, rimarrà per sempre. Per questo devo smettere di imparanoiarmi. Dopotutto, sempre, sempre... nella mia vita sono andati via solo gli uomini. A parte Alex, perché non si è mai fermato realmente. Non ho più le forze di farmi straziare il cuore così. Adesso tocca a me andare via. 

C'è ancora tanto da fare, ma sto lavorando su di me in maniera pacifica, coscienziosa e sono sempre più convinta di quello che faccio, di quello che penso. A volte inciampo e mi accascio, ma prima che qualsiasi dubbio penetri nel mio cervello, arriva Jakub, a volte non deve nemmeno parlare, mi guarda e per un attimo provo a vedermi con i suoi occhi e penso... penso di essere una persona valida e mi rendo conto che nella mia vita mi è mancato proprio questo, qualcuno che credesse in me, che mi desse forza, che mi stimasse e che me lo facesse sentire, che me lo facesse arrivare con desiderio e tanta volontà, tanta, tanta volontà, perché a volte non voglio sentire né vedere. È arrivato questo amore come uno schiaffo in faccia con una buona dose di verità. Io penso che a volte abbiamo bisogno dell'amore che filtri un pochino la realtà per vedere cosa succede davvero. Forse l'amore non rende ciechi, forse è proprio quello che apre gli occhi su cosa conta davvero, forse è il modo per riuscire a guardare il Sole che splende alto nel cielo, senza bruciarsi, vedendone le sfumature quasi. Essere innamorati, amare, è l'unico modo per vedere com'è una persona davvero, annullando le parole come "pregio" e "difetto", prendendo qualcuno tutto d'un pezzo, per quello che è, per la meraviglia che è, nutrendosi della sua bellezza, donandogli le energie che da solo non può raggiungere.
L'amante che vi butta giù non fa per voi, mi ci è voluto un po' per capirlo, ma ci sono arrivata pure io e adesso non mi fa più paura niente, finalmente mi vedo e mi SENTO per quella che sono, una donna forte e bella. Non devo temere niente.



giovedì 20 novembre 2014

Una cosa di cui non mi vergogno più

È un po' che non scrivo. Intendo... sul serio.
Ho un po' abbandonato i magazine e non è per via di quel mero motivo che sento spesso tirare fuori. Non è che non voglio mischiare la passione al lavoro e il lavoro alla passione, non ho assolutamente paura di mescolare le cose, tanto è vero che campo come modella e, occhio ai rosiconi che dicono che odiano quelli che lo dicono, io amo il mio lavoro.
Mi lamento spesso, ma mai troppo a voce alta, rimugino in silenzio e cerco la soluzione più veloce per uscire da una situazione che non mi piace.

Essere una modella è bellissimo, perché ti permette di sfruttare le tue qualità genetiche o il culo che ti fai per essere figa in qualcosa che assume un senso tutto suo, un senso che senza la tua partecipazione indispensabile non esisterebbe. Diffidate dei fotografi che fanno tutte le foto uguali, cercate i fotografi con uno stile forte, ma che trovano il modo di far fluire ogni bellezza in modo diverso. E poi c'è quella cosa inflazionatissima che usano le persone che si ritengono profonde perché cercano la "bellezza interiore". Non esiste la bellezza interiore od esteriore. Esiste la bellezza e il compito di una modella è quello di farla uscire nell'immagine finale. 
Poi noi modelle viaggiamo. Io ho fatto di tutto per interrompere la routine del treno tratta Viareggio-Firenze, ho fatto sacrifici e scelte giuste e ho lavorato in Belgio, Inghilterra, Irlanda, Norvegia e persino in quel posto in cui sono nata e che non si caga nessuno, il Kazakistan. E a proposito, ho usato una Zenit rotta e delle pellicole scadute per fotografare il mio paese, adesso due mie foto vanno a una mostra a Londra. E mi sento tanto felice e tanto arrogante, perché là fuori c'è chi ancora fotografa i culi di ragazzine sottopagate spacciando le immagini per arte; ma sono anche grata a Nicco che quel pomeriggio a La Cité mi ha spronato a pubblicare, ai miei genitori che mi hanno sempre incoraggiato a non mollare la fotografia e a William e Sjur che mi hanno dato coraggio e fiducia... a quelli che mi hanno insegnato cosa significa una foto bella davvero e quelli che, come Virgilio Villoresi, mi hanno ricordato che nelle arti visive l'umiltà non serve a un cazzo, solo consapevolezza di sé, autocritica. Ecco cosa ci vuole. 

Ed è quello a cui penso quando il mese non va tanto bene e un "fotografo" di merda mi propone 100€ (se va bene) per una sessione di nudo che potrebbe darmi gli incubi per le settimane a venire. Non scendere mai ai compromessi, mantenere alta la qualità e fare le scelte giuste. Non me la sto sempre a menare per 50€ in più o in meno quando in ballo c'è un progetto grosso che porterà il mio portfolio allo step successivo, però ecco, cos'è sta storia di contrattare sempre il prezzo? Cerca un'altra modella. Ce ne sono così tante là fuori oggigiorno. 
Valentina Feula, che ho citato più volte nei miei post, è la modella che mi ispira di più in assoluto, perché non parla male delle sue colleghe, anche quando crede che stiano facendo scelte di dubbio gusto, lavora duro e si fa valere. Una volta mi ha detto che ho un viso bellissimo e io mi sono sciolta in un brodo di giuggiole, poi ha aggiunto "ci devi fare un monte di soldi con quel viso, capito?". Prometto che c'arriverò... a quel monte, prima o poi. Non credo lei avesse detto proprio "monte", ma me la immagino a dire qualcosa di simile con la cadenza romana. Io oltre a Vale e a me non ho mai visto modelle spartirsi consigli tra di loro, o magari sì, ma il giorno dopo erano a buttarsi merda addosso, alle spalle. Bella roba. Ivory Flame forse, mi aveva dato consigli preziosi sull'autopromoting, senza che nemmeno glielo chiedessi.

La mia carriera di modella, a questo punto sento proprio il bisogno di definirla così e non solo per i tanti anni passati, ma i tanti risultati raggiunti che le persone "profonde" e dalla "bellezza interiore" mi hanno occultato fino a questo momento. Solo perché non mi chiudo 8 ore in ufficio e non ottengo la promozione da un capo supremo che conta le ore della mia vita, non significa che io non abbia una carriera. 


Oggi uno dei fotografi con cui ho lavorato mi ha chiesto con che agenzia sono e per la prima volta e senza giustificazioni stupide gli ho detto che io lavoro da sola... e cos'è successo? Mi ha dato un suo biglietto da visita e so che è un bravo fotografo, che è una persona per bene e gradevole e non sarò mandata chissà dove chissà per cosa per conto di un booker, ma affronterò un lavoro che io ho scelto e per cui sono stata scelta senza consultare un ventaglio di misure prestabilite.

Ma sì, ho fatto tante, tante foto di merda all'inizio della mia carriera, ma insomma, chi non ne ha fatte? 
Quello che differenzia una modella di successo, che sia conosciuta o meno ma con un portfolio di indubbia qualità, da una ragazza che si fa semplicemente chiamare tale è l'evoluzione. Comincio con una foto del cazzo, la osservo, capisco che non va bene, magari non subito, ma l'anno dopo non ho più foto del genere. Comincio coi test, quelle cose in cui i fotografi bravi sperimentano con te le luci e poi le usano nelle loro campagne, quelle che a loro fanno pagare le bollette, ma che a te aggiungono foto di livello al book, così puoi alzare il tiro. L'abbiamo fatto tutte. Poi diventiamo brave e i fotografi bravi ci usano per sperimentare e noi li usiamo per evolverci ancora, ma non è più un momento imbarazzante in cui non sai da che parte guardare o chiedi di ritoccarti il brufolo, ma voli, letteralmente, fai quello che cazzo ti pare e il fotografo ti lascia fare. Vi divertite. Fate ricerca insieme. Lui usa le sue capacità tecniche e tu gli ricordi che un pizzico di emotività e sensualità è quello che ci vuole. E chi l'ha manco notato il brufolo?

E insomma, non mi vergogno più del lavoro che faccio come i primi anni. Sono una persona in gamba, magari non in tutto, ma faccio le cose con cognizione di causa e non mi comporto a merda solo perché mi va, mi preoccupo molto, anche troppo delle reazioni delle persone con cui ho a che fare.
È ancora dura, come i primi giorni, anche se non c'è più l'ansia. A volte il team mangia mentre tu lotti per non svenire mentre il fotografo ti fa torcere per la decima volta. Qualche volta il clima è talmente pesante che hai paura di chiedere persino l'acqua o cinque minuti di pausa dopo ore filate a posare. Devi correre tra treni e aerei, autobus e taxi, essere sempre puntuale mentre gli altri saranno sempre in ritardo, aspettare, aspettare, aspettare per il trucco, per i capelli, per le luci settate, le persone, poi a volte è talmente caldo che svieni o ti ustioni a sangue la cute sotto il sole, o piove, o fa talmente freddo che non riesci nemmeno a cambiare espressione, alcuni individui ti tratteranno senza rispetto, perché probabilmente non ne hanno nemmeno per se stessi, e poi... se sei una modella di nudo, sarà sempre difficile far capire agli altri che ciò che fai se non arte è perlomeno lavoro e tieni all'immagine, così come quelli con cui lavori. Invece sarà impossibile convincere gli altri che il tuo corpo è a disposizione della foto e non del loro pisello, perché non importa a che livello arrivi nella tua carriera, se sei una donna, e non necessariamente nuda, capiterà sempre il coglione di turno o quello che coglie dei segnali che tu non lanci e sarà sempre presente quando dovrai rimetterti le mutandine dopo il set, come a proteggere il tuo prezioso culo dalla privacy.

Per fortuna esistono le persone come Pino Leone, che ti fa sentire bella e sensuale in modo naturale e professionale; Fulvio Maiani, che ti chiede se vuoi che il resto del team vada via mentre posi nuda, che ti dice che se sei sul set è perché sei tu ed è stato pensato per te; Sjur Roald, che riconosce la qualità del tuo lavoro e ti rispetta; Karol Liver, che tira fuori una foto speciale e irriproducibile e vuole sapere chi sei prima di scattare; Anna Morosini, che ti abbraccerebbe a ogni pausa e che si preoccupa sempre che tu sia a tuo agio, fisicamente e psicologicamente, e si rivela incredibilmente empatica quando in presenza di altri hai paura di esprimerti; Marco Onofri, che si studia il tuo viso e il tuo corpo prima di fotografarti, in modo che sia impossibile che tu non ti piaccia una volta impressa... E molti, molti altri che rendono l'atmosfera unica e tengono a te, anche solo per un giorno, o poche ore. E non occorre essere dei professionisti o campare di quello per ricordarsi di essere gentili e sensibili di fronte a un altro essere umano, la modella.






lunedì 10 novembre 2014

Isabella

Io ed Isabella non siamo mai state amiche, ma ci siamo incrociate diverse volte nella mia vita prima che lei morisse per cause a me ignote di cui tutti in zona sono al corrente. Probabilmente non ha per me importanza come sia successo, anche se forse sarebbe giusto saperlo nel rispetto di una persona, almeno secondo l'opinione comune. Il fatto sta che quando una persona nasce, nasce e basta e quando muore si porta dietro qualcosa... e l'unica cosa che conta è quello che ha lasciato e che non c'è più.

Un paio di volte abbiamo dormito insieme, aveva il vizio di avvinghiarsi addosso alle persone, indistintamente, bastava che glielo permettessero... e io glielo permettevo, perché profumava ed era in qualche modo piacevole. Sono sempre stata un po' freddina e restia al contatto, almeno all'epoca, ma Isabella in qualche modo mi faceva sentire al sicuro dagli altri, dal resto del mondo e da me stessa.
Una sera mi ha abbracciato in macchina, la prima volta forse, ed era la prima volta che qualcuno mi abbracciava all'infuori della sfera famigliare o intima e ho pensato che fosse una cosa buona. Forse inconsapevolmente Isabella aveva sbloccato qualcosa in quel periodo... e non era per niente facile.

Una volta invece mi ha fatto perdere 40,00€ a lavoro. Ho ballato per un paio di mesi in discoteca per arrotondare e il nostro manager cercava ragazze in più per le serate, così gli ho presentato Isabella e lei ha infranto tutte le regole del locale e dell'agenzia, portando in disco il suo ragazzo, facendogli prenotare un tavolo e limonandoci duro tutta la sera. Marco, quel testa di cazzo del mio agente, ha sbolognato la responsabilità su di me e ha deciso di detrarre quaranta euro a me, perché di non pagare Isa non se ne parlava, questa aveva piantato un casino.
C'ero io a piangere fuori dal locale a chiusura e lei a consolarmi dicendomi "tu sei bellissima, lui è un testa di cazzo, non piangere". Così non sono più tornata a lavorare lì.


Lei nel suo modo sempre molto spontaneo e genuino mi aveva fatto riguardagnare i miei 40€ portandomi con sé a fare la ragazza immagine a un aperitivo, dopo il quale mi ha presentato un laureando sfigato e dove è scoppiata una storia d'amore tra lei e l'ultimo fidanzato con cui l'ho vista.

E l'ho vista proprio con questo ragazzo, poco più grande di lei, innamorato pazzo, l'ultima volta che l'ho incontrata dopo averci perso ogni contatto. Ho l'impressione che lei abbia legato un po' con tutti, ma anche con nessuno in particolare, non per un lungo e costante periodo per lo meno.
Ero sul treno quando ho sentito chiamare il mio nome e l'ho vista seduta poco lontana, con addosso un vestito bianco e un cappello di paglia, con accanto il fidanzato. Mi ha chiesto del più e del meno, poi dal niente davanti ai suoi occhi è apparsa una farfalla e lei se n'è sorpresa in un modo tutto suo e magico, ingenuo e puro nonostante probabilmente sulle spalle avesse più di quel che desse a vedere, ha esclamato "Ah!", ha alzato le mani per racchiudere l'insetto in un'aria circoscritta e si è dimenticata della mia presenza.

Io ricorderò questa donna in quell'immagine e forse un giorno baserò un editoriale su quest'idea, perché l'unica arma che ho per esorcizzare il dolore, perché a modo mio soffro della sua assenza nel mondo, è la fotografia... o la musica.
La cosa buffa... è che lei mi aveva già parlato, chiaramente in modo suo del tutto incosciente, della persona che adesso mi rende felice di come non sono mai stata in vita mia e mi sembra un collegamento del tutto assurdo, anche se so di essere ridicola, in zona ci conosciamo più o meno tutti. È che lei fa le cose in modo puro, o meglio, faceva le cose in modo puro, senza sospettare di quanto effettivamente stravolgeva l'esistenza delle persone che conosceva.

Mi fa molto strano ricordare ancora il modo in cui rideva, o il suo odore e sapere che non la rivedrò mai più.
Ho davanti a me l'immagine della prima volta che l'ho vista davanti a scuola sfrecciare sullo scooter con suo fratello, coi i suoi capelli biondi ricci mossi dal vento. E il sorriso...




Shadows settle on the place, that you left.
Our minds are troubled by the emptiness.
Destroy the middle, it's a waste of time.
From the perfect start to the finish line.


And if you're still breathing, you're the lucky ones.

'Cause most of us are heaving through corrupted lungs.
Setting fire to our insides for fun
Collecting names of the lovers that went wrong
The lovers that went wrong.



We are the reckless,

We are the wild youth
Chasing visions of our futures
One day we'll reveal the truth
That one will die before he gets there.



And if you're still bleeding, you're the lucky ones.

'Cause most of our feelings, they are dead and they are gone.
We're setting fire to our insides for fun.
Collecting pictures from a flood that wrecked our home,
It was a flood that wrecked this home.



And you caused it,

And you caused it,
And you caused it



Well I've lost it all, I'm just a silhouette,

I'm a lifeless face that you'll soon forget,
And my eyes are damp from the words you left,
Ringing in my head, when you broke my chest.
Ringing in my head, when you broke my chest.



And if you're in love, then you are the lucky one,

'Cause most of us are bitter over someone.
Setting fire to our insides for fun,
To distract our hearts from ever missing them.
But I'm forever missing him.



And you caused it,

And you caused it,
And you caused it


sabato 18 ottobre 2014

Smettere di proteggere l'arte

Devo smettere di martoriarmi. A periodi alterni succede che mi odio, o cerco di far parte di qualcosa di cui non dovrebbe interessarmi niente. Niente.
Devo ascoltare E. quando mi dice di creare senza cercare alcun tipo di consenso, nemmeno dalle persone care. O mio padre che dice che un artista crea perché deve creare, perché non ha scelta e che non deve chiedere il permesso a nessuno, non deve spiegare niente...

Io per qualche motivo ci rimango male quando le persone a cui voglio bene non capiscono il valore che per me possa avere per esempio la fotografia, o la musica... Davvero mi posso permettere di stare così male solo perché non posso condividere qualcosa che non deve essere condiviso? O meglio. Sì. Va messo là fuori, come un figlio come diceva A., però poi va lasciato stare, sa cavarsela benissimo da solo là fuori e si becca offese e incomprensioni non smette di essere ciò che è! Questo è il punto. Se crei una cosa e ci credi, questa non si plasma, è tua ma non è tua, è forte e forse può cambiare forma solo di fronte a una persona sensibile. Una creazione di origine artistica è esattamente come me, come tutti noi, è come un essere umano e io non posso più preoccuparmene. 

Mi devo calmare e non curarmi più di queste cose. Ci sono un'infinità di argomenti da affrontare con tutte le persone che conosco, probabilmente non sarà più l'arte visiva, non quella che creo e percepisco io, non posso più espormi così e soffrirci e sentirmi deficiente. Un po' di dissonanza cognitiva, mi siedo e cambio canale, perché sì... mi da fastidio e non trovo più le parole per dibattere. Poi quando difendo ciò che amo passo da aggressiva, o magari non è solo una percezione che hanno di me gli altri, magari sono proprio io. Sì, per proteggere l'arte io divento una merda e non credo di essere pronta a cambiare questa cosa, quindi per evitare di ferire qualcuno e di somatizzare l'impossibile sul mio corpo, farò quello che devo fare in silenzio e un giorno quelle foto parleranno per me. Come quando faccio la modella e non devo dire niente, il fruitore trova un'infinità di combinazioni ed interpretazioni, alcune delle quali non avrei mai visto da sola, alcune delle quali non ho chiesto, ma col tempo ho smesso di infastidirmi ma non per questo il mio portfolio ne ha risentito. Chi percepisce la qualità su livelli diversi, mi scrive in privato e affronta sempre un argomento con delicatezza ed intelligenza. Quindi le persone come me esistono.


È ridicolo che io non me ne sia resa conto prima. Ho osservato la Terra a lungo e per molto tempo mi sono preoccupata per il suo avvenire... Il petrolio che ne ricaviamo, l'inquinamento, gli allevamenti intensivi... Poi arriva il giorno in cui questo pianeta si da una scrollata, un terremoto, e capisco che potremmo essere spazzati via in un secondo e penso che forse dovrei preoccuparmi delle cose che posso gestire. Così è l'arte, non ha bisogno di qualcuno che se ne preoccupi, quando viene attaccata da ignoranti senza cognizione di causa, si da una scrollata e diverge verso una zona più tranquilla. È un modo perpetuo necessario, me ne rendo conto, quello che creo non può rimanere nella zona franca per sempre, ma io devo smettere di lottare contro le onde. Succederà quello che deve succedere.

Non penso che a Francesca Woodman o a Robyn Davidson interessasse minimamente avere un contatto diretto con il mondo circostante, era più una ricerca introspettiva fino a quando tutto ciò che avevano vissuto e creato non è esploso e adesso tutti noi sappiamo chi erano e cosa hanno fatto e forse... nel nostro intimo ne conosciamo pure i motivi. All'epoca sembravano solo della pazze.
Sono fiduciosa.




venerdì 26 settembre 2014

Percezioni

Sono seduta su questo letto sconosciuto su un'isola sconosciuta in un paese a me finora ignoto. Fuori c'è una bufera e io spero che smetta, spero di trovare almeno un raggio di sole la mattina, per poter prendere il mio volo, per tornare a casa.
Sono in Norvegia. Dopo mesi di attesa me la sto vivendo in una maniera completamente diversa da come l'avrei percepita un mese fa. Perché è quasi passato un mese da quando tutto ciò che conosco è stato sconvolto di nuovo.

Oggi ho pianto in macchina, tornando da Alnes, perché ciò che ho visto era troppo per me... ed era troppo anche per la mia Zenit. Ho visto il mare abbattersi violentemente sulla spiaggia, le impassibili montagne, l'imponenza di un posto che potevo solo sognare di vedere, che ho visto solo sulle cartoline e non era nemmeno la metà di com'è veramente, e ho pianto. Cosa dovevo fare?
L'attimo prima ti sbatti perché non sei la modella adatta per dei progetti scarsi e i tuoi amici non prendono sul serio il tuo lavoro, e il momento successivo sei a viaggiare per il mondo perché vogliono te. Vogliono proprio te. E le persone ti fanno vedere i posti a cui tengono, ti regalano rullini, condividono con te il cibo. Ho conosciuto un ragazzo sudafricano sull'aereo da Amsterdam e abbiamo passato due ore a ridere e a scambiare le impressioni, poi mi ha regalato un pacchetto di tabacco e probabilmente non lo vedrò mai più. Viaggiare è veramente una delle cose più eccitanti, più vive. È faticoso, è stressante, sconvolge tutti i piani, ma è l'unico modo per essere felici, per conoscersi. Il viaggio ti fa amare le persone, ti fa vedere il lato bello di ogni popolo, almeno per un po'. Vuol dire che esiste.

La settimana prima ero a Londra, con l'idea di concentrarmi sulla fotografia e sul lavoro, ma non mi sono presa cura dei miei contatti, ho fatto foto random, non sono andata a Brighton e mi sono innamorata di una persona che mi fa sentire come quando sono in viaggio, o qualcosa del genere.
Si sono create delle piccole abitudini, in poco tempo, in maniera del tutto naturale e la città che l'anno prima ho odiato con tutto il mio cuore si è trasformata in un posto in cui tornare. Uno degli infiniti luoghi in cui mi sento a casa, almeno a tratti. 

Adesso fremo e vivo tutto attraverso questo sentimento indomabile. Guardo il mondo con un'identità amplificata... e sospiro... tanto. Mi sembra assurdo di piacere a qualcuno, intendo per davvero, con tutti i miei acciacchi, le stranezze, le ossessioni, le passioni incontrollabili. Credevo non esistesse al mondo qualcuno che potesse piacermi altrettanto, con le sue manie e le paure, le ansie, i silenzi. Non pensavo di potermi abbandonare all'odore di qualcuno che non ha bisogno di parlare per farsi capire, non immaginavo che avrei permesso a qualcuno di avvicinarsi ancora così tanto. Ma lui è arrivato in punta di piedi, senza l'intenzione di calpestare la mia fragile esistenza nella realtà emotiva e ha aspettato... come aspetta ora quando mi fermo a fotografare qualcosa che mi ha colpito... e molto spesso è proprio lui. È incredibile avere accanto qualcuno che non solo lascia che tu fiorisca, ma ti ispira mille cose nuove, che raccoglie i petali che perdi.

E ho pianto. Cosa dovevo fare? Me ne stavo di fronte al mare che senza pietà lottava contro il vento e pensavo che da qualche parte laggiù, oltre l'orizzonte, c'è qualcuno che mi pensa e vuole condividere con me delle piccole cose, i dettagli, i miei preferiti; c'è un uomo lì che mi ricorda che sono bella, basta un suo sguardo per rubarmi a qualsiasi cosa io stia facendo, è magnetico, è sincero.
Ma lo so... lo so che arriveranno dei momenti difficili, istanti in cui non ci piaceremo, perché siamo diversi, perché altrimenti sarebbe noioso, perché l'essere umano è nato anche per il dramma. Ma so anche che prima che quei momenti arrivino, si sarà consolidato qualcosa di molto più importante. Sarà il momento in cui conoscerò ogni sfumatura dei suoi occhi, tutte le rughe di espressione, ogni reazione, i micro movimenti delle dita, i significati dei sospiri, delle parole non dette. Io non ho paura.

Qua fuori ci sono i fiordi... e i tuoni... le onde... e io collego questi colossi della Natura a ciò che provo pensandoti, ogni volta che non sono impegnata a fare qualcos'altro domandandomi se possa piacerti o meno.

martedì 19 agosto 2014

L'importanza

È la prima volta che non ho sonno alle 4 del mattino, dopo tanto tempo. Ho cercato di rigare dritto, di andare a letto a un'ora decente, di svegliarmi a un'ora decente, di bere in quantità decenti, di mangiare decentemente, di essere una persona decente. Per me. E sto particolarmente bene, a parte gli attacchi di malinconia, tipo stanotte. Stamattina.
Un momento in cui i miei amici stanno già dormendo, le persone che ho poche ore fa conosciuto tornano nell'ignoto, gli odori si dissolvono e rimangono solo dei colori sbiaditi su una camicia.


E un rullino che ho fatto fatica ad immaginare in bianco e nero. Aspettavo la luce blu, o quella gialla, o quella rossa e a ogni scatto esclamavo dentro me "ah già". E se qualcosa è andato storto non è poi così importante, in realtà. Ci sono cose più importanti della fotografia, per esempio osservare una situazione e racchiuderla in un'inquadratura, ricordarla per sempre, semplicemente, senza dipendere dai tecnicismi, dai consigli, dalla regole, dall'opinione pubblica. Senza sottoporsi a valanghe di insensibilità. 

A volte le mie cose sono così preziose, così tanto preziose da fare male... che alzo la macchina fotografica, guardo nel mirino... e la riabbasso. Lasciamola lì, intatta, mia, al sicuro dagli avidi delle immagini, mille e mille immagini al giorno, una uguale all'altra; le cose belle che si confondono con la merda; e l'ignoranza, la mancanza di cultura, della capacità di osservazione raffinata. Queste cose mi fanno stare male, mi si comprime la gabbia toracica e i sospiri non bastano mai. L'esasperazione. La mia incapacità, l'arresa all'educazione, alla presunzione di poter trasmettere qualcosa a qualcuno. 

Quanti sguardi incrociamo? Quante poche cose alla fine rimangono? Chi si ricorda realmente di noi? E cosa pensa chi crede di averci conosciuto? Chi ci definisce speciali ma ha forse solo alzato un po' il gomito. Importa davvero? Ho sempre cercato di convincermi che tutto questo non è fondamentale, che è importante godersi il momento, per il momento in sé e per il ricordo che imprime. Ma a volte... quando niente rimane, in concreto... quando le persone non richiamano, si dimenticano, hanno da fare, quando alle persone in sostanza non interessa, non importa, divento triste. Non importa. Infondo. Non importa più nemmeno a me.

Ed è possibile che uno sconosciuto colga i punti fondamentali? Che tocchi i tasti che nessuno negli anni ha mai visto? Forse a volte dovremmo chiudere gli occhi e abbracciarci, possibilmente da sbronzi, da fatti, da incoscienti, da impossibilitati e dementi, per reprimere le pulsioni, per uccidere quello che sopprime la parte più nobile del legame tra due persone. Forse dovremmo contemplare il cielo e vaneggiare, avere caldo, pensare al vento, concentrarci sulle trame.
Non voglio che qualcuno si prenda cura di me, voglio solo che le persone che stimo mi dicano che sto facendo qualcosa di buono, che si preoccupino per la mia arte... sarebbe come se si stessero interessando a me come persona, nel profondo, ma senza gli effetti collaterali.
Un artista vero, quello che fa, che macina, che va avanti come un treno senza farneticare troppo, senza fronzoli, sì... Quando uno di quelli indica una mia creazione e dice che c'è qualcosa, si sofferma, guarda la mia opera, guarda me, mi guarda negli occhi e dice "sei brava", arriva per me qualche notte insonne, perché mi agito, ho l'ansia, ho voglia di fare di più, so che posso fare di più. La stima è un'arma potente. E questa notte è una di quelle insonni, perché chi ha la sensibilità per la bellezza, quella diversa, quella non da tutti, ha messo una tacca sul mio percorso, adesso posso andare avanti e la responsabilità è colossale, il peso è incredibile e mi sento un po' stanca. È una stanchezza diversa, per la prima volta nella mia vita ho talmente chiaro ciò che devo fare e dove devo andare che a volte faccio fatica a vedere, non sono abituata a tutta questa luce. Paura. Ma tengo duro.

Questo importa. Le persone vanno e vengono, dicono cose, gesticolano, indicano, si innamorano, si odiano, si stupiscono, ma quello che creano rimane.





domenica 10 agosto 2014

Dalle montagne al deserto e poi chissà

Avevo scritto una lunga introduzione sulle mie ultime conoscenze, sugli incontri ravvicinati con l'altro sesso. Ma ho pensato che fossero per me esperienze talmente inutili e gli uomini che ho conosciuto talmente banali e assolutamente non all'altezza di quello che cerco, che ho cancellato tutto per parlare di una cosa sola, l'unica cosa che conta: il deserto.

In questo momento ho comunque bisogno di altro, forse è anche per questo che non noto gli uomini di un certo livello che mi circondano. Sono totalmente assorbita dal deserto. Non so spiegarlo come vorrei, ma mi ricordo di David che scrisse la canzone su Amon Ra e mi parlò del deserto e dell'immensità che provi trovandoti lì nel mezzo, del sole che brucia e del mega filmino che ha ispirato uno dei pezzi più belli dei Chaos Core. Pochi giorni fa ho visto Tracks, tratto dalla storia vera di Robyn Davidson, la donna che ha attraversato il deserto australiano percorrendo 1700km con quattro cammelli e un cane. Non è la prima a fare qualcosa di folle, io stessa ho intervistato Christoph Rehage che ha attraversato la Cina a piedi, anche se non sentivo ancora il bisogno di fare qualcosa di simile. Camminare da sola, per non lasciarmi distrarre dal mio compagno di viaggio come diceva Chris, da una parte all'altra di un paese non è esattamente quello che cerco io per la mia maturità interiore, quello che bolle adesso nelle mie vene è la necessità di trovarmi veramente nel nulla, dove le regole degli umani non hanno valore. Da un anno sto lavorando alla mia separazione mentale dai genitori, alla lotta dei miei geni contro le mie scelte e sento sempre che manca un tassello per completare la coscienza, la consapevolezza di essere una donna unica, con un mondo irripetibile dentro.
Mi fa un'incredibile paura attraversare un deserto, non ne so molto e non credo di avere la resistenza sviluppata per farlo. Non so veramente da dove cominciare. So che voglio partire dal Sud del mio paese (dalla mia città, Almaty), il Kazakhstan, e attraversare la steppa fino alla città in cui è morta mia nonna, Taldykorgan. Potrebbe essere un primo tratto umanamente affrontabile, per me; sono 263 chilometri soltanto, ma potrebbe essere il mio primo successo. Per il momento aspetto ottobre, per tornare nella Valle Dei Castelli e fare delle foto più coscienziose, per toccare meglio la terra, per ascoltare gli sciacalli e imparare a non farmi fiutare stando sotto vento. Poi comincerò a documentarmi su tutto quello di cui ho bisogno a livello fisico e mentale. Ci vorranno anni, per me, ma forse un cammello (che è anche il simbolo del mio meraviglioso paese) sarà sufficiente. 

Sono anche molto presa dalla fotografia in questo momento, ho per la prima volta fiducia in me e ho in testa dei progetti concreti che hanno la possibilità di fiorire nonostante io non vi possa investire quanto vorrei, a livello più economico che temporale. Non posso dire molto perché... come cantava Joshua Homme "whatever you do don't tell anyone". Lo sanno in pochissimi ora e forse questa volta nemmeno mio papà capisce l'importanza di quello che sto per fare... o forse era solo molto stanco mentre mi ascoltava, o forse non mi sono saputa spiegare io. Il fallimento non è contemplato, solo la crescita. Ho le idee chiare sulle tappe principali di quello che andrò a realizzare, ma se devo essere sincera non ho chiara una minchia di cosa succederà quando sarò lì - un po' come quando mi troverò nella steppa con i miei animali-. So che devo farmi prestare una macchina analogica migliore, di un'ottica 35mm, che devo munirmi di tanti rullini in bianco e nero (che non ho mai usato finora), di pazienza e di amore... ma non avendo da sprecare energie in relazioni che non funzionano, posso far fluire la creatività liberamente, fino a quando non sarà percepita da un uomo forte che non mi vorrà mai limitare, che non mi dovrà sottostare e con cui semplicemente creerò qualcosa di talmente potente da far tremare le montagne. Ma prima di tutto io. La mia arte. Il resto arriva.

A settembre andrò di nuovo a Londra, una città che ho odiato, ma che mi ha insegnato tanto, che mi ha fatto vedere che da sola ce la posso fare, che gli amici vanno e vengono proprio come le maree e che niente è spaventoso quanto sembra... sono solo ombre al tramonto, lunghe, deformi e poco chiare, ma andando verso l'orizzonte si sciolgono come piccoli nodi con un po' d'olio. Vado a godermi un po' di aria inglese con Daria, la mia russa pazza e incredibile e un po' penso di lavorare. Allo stesso tempo sento che non mi posso più permettere di viaggiare solo per posare o per visitare i posti senza cognizione di causa, devo fare foto, devo rendere giustizia a quello che vedo, o addirittura renderlo più bello. È qualcosa di viscerale (come piace dire ai radical chic), non lo controllo, so che devo, come quando si ha fame... Non so. Magari potrei fare un reportage sulla mia bionda preferita, è una donna bellissima, ma il viaggio rende i visi più vissuti, più scavati, più maturi, tira fuori le capacità espressive assopite. 
E poi subito dopo andrò ad Alesund, Norvegia, dove adesso sta lavorando per lo stesso fotografo che mi ha contattato anche Valentina Feula, una modella italiana che ho intervistato tempo fa e che ha da insegnare molto a livello professionale. Non la conosco molto, ha una sensibilità tutta sua che attraverso le foto non fluisce liberamente, si incastra in una sensualità proibita quasi. La stimo molto, per me andare in Norvegia e posare per qualcuno che ha prima fotografato lei è molto bello e mi fa sentire proprio bene, non solo perché Valentina è bravissima, ma perché si merita quello che si è duramente guadagnata e così pure io. Non credo sia giusto limitare l'elogio dei propri meriti solo perché qualcuno è invidioso, o non alza un dito non solo per raggiungere un obiettivo, ma addirittura per stilarlo! 
Non posso non fare foto in Norvegia, ho visto degli snapshot di Vale e quell'isola sembra assurda, dire cartolina è riduttivo! E poi tutta quell'acqua che si fonde con la terra in modo così peculiare, pregnante, ma anche assolutamente armonioso. Io sono fissata con l'acqua nelle foto. Devo fare qualcosa di degno delle mie passioni e spero che la mia Zenit faccia lo sforzo di resistere ancora un po'.

Non sono fortunata. Odio quando mi dicono di riconoscere il fatto di essere fortunata. Non è fortuna. Sono io che ho fatto un percorso, mi sono fatta letteralmente il culo e non mi sono mai arresa, ho riconosciuto i miei errori e mi sono fatta valere, non ho mai permesso alla mia arte di assopirsi troppo a lungo, ho sempre macinato e sono finalmente arrivata al punto da sapere esattamente cosa voglio dalle persone e da me stessa. E non ho più paura di portare avanti più cose contemporaneamente, non posso fare a meno di tutte le cose che so fare, sono venute da me da subito e ci sono sempre state, non le posso abbandonare, cercherò di reggere questa mole di creatività, da qualche parte arriverò. Quindi fortuna un cazzo. Anche il fatto di essere bella è un impegno, è prendersi cura di me, è curare il mio fisico, fare yoga, amare la mia pelle, lasciar fluire le energie e non incupirsi troppo per raggrinzire come una vecchia zitella. Perché quando si hanno troppi pensieri negativi il corpo reagisce immediatamente, se gli esseri umani lo realizzassero nella loro testa, per lo meno la maggior parte nel mondo occidentale, diventerebbero subito più belli e più sani. È l'impegno di preservare la mia sessualità, di non sprecare quella carica col primo che passa. Sono mente e corpo costantemente sotto il giusto controllo, no fortuna! Io non mi sfondo di mangiare per poi piangere di fronte alle foto nelle riviste, né critico chi è più fica di me standomene col culo ben piantato nella poltrona.
L'unica fortuna che in tutto questo io posso avere è che i miei genitori sono belli e hanno preso in considerazione di unire i loro geni in modo coscienzioso.

Mi sento bella e quando lo percepisco senza nuvole nella mia testa da fuori si vede. Quando la donna prende coscienza di quello che è non può che crederci, sentirlo, prendersene cura e sarà semplicemente quello che è: bella. Mi sento bella al punto da non aver paura di attraversare la steppa, senza potermi lavare e probabilmente bruciandomi la pelle. È il percorso necessario anche per questo, per riconoscere che certe cose, come la bellezza, non si distruggono. Attraverserò il deserto e l'uomo misero che cerca di sminuire quelle come me per accrescere il suo inutile ego cadrà, definitivamente.



martedì 29 luglio 2014

La compagnia è un concetto relativo

Realizzo sempre di più, sempre più col passare del tempo cosa intendesse A.A. con la sua inspiegabile gelosia proattiva, ma a postumi. Non so spiegarlo. Mi amava davvero, immagino, a tal punto da conoscere ogni mia sfumatura, nonostante mi stessi ancora formando, nonostante fossi grezza e con le idee molto confuse. Ha saputo riconoscere il diamante sotto a quei lineamenti indistinti. Si prendeva cura di me e io non capivo perché, lo so ora. So da cosa cercasse di proteggermi, ma credo che il mio tuffo fosse comunque inevitabile e se anche avessi saputo di tutte le peripezie a cui la vita mi avrebbe sottoposto, penso che le cose sarebbero comunque andate come sono andate. Non so se sia giusto, nessuno sa cosa sia la cosa giusta, perché è sfuggente, è plasmabile nel tempo e con le idee e se dio vuole queste non si fermano mai.

Per il resto... sono stata calpestata, non perché lo abbia permesso, ma perché semplicemente non ho lasciato fiorire quello che sono. Adesso non ho più paura e quando pronuncio questa frase nella mia mente mi ricarico di un'energia tutta nuova, vibra attraverso le vene e la pelle diventa calda... forse è per questo che negli ultimi giorni la mia temperatura supera la norma e io non sto nella pelle, ho tante cose da fare, da creare, da incanalare. Sento questo formicolio nelle mani e non è semplice ispirazione, non è uno stimolo esterno che ho bisogno di catturare, è amore puro e viene da dentro ed è attratto dalle cose interessanti, mi sento calamitata verso le persone giuste e non ho paura di allontanare chi non è in grado di reggere l'impatto. Non appassirò mai più. C'è un momento nella vita di un essere umano in cui non appassisce, si piega al vento e si gira verso il sole. 

In concreto le sensazioni sono semplici. È un po' come quando Nicco mi guarda dall'altra parte del tavolo e sa esattamente a cosa penso, ma non si pronuncia. Io lo percepisco solo leggermente, so che è lì, so anche io a cosa pensa e va bene così.
Le forzature, il buonismo, le richieste di attenzioni, le offese, la presunzione e l'ironia inflazionata sono per me un incubo. Quante, quante volte è meglio il silenzio? Ascoltare, assorbire le storie degli altri e cercare il granello di verità in quelle parole, a volte trovarlo, a volte no, ma non demordere, perché la vita non è affatto male e le persone nemmeno, solo a volte vanno perdonate se tirano fuori il peggio e a volte la causa potremmo essere noi.


Le persone non ascoltano. Niccolò sì. Fino alla fine. Rispetta le mie pause, ascolta cos'ha da dire tutto il mio corpo, ogni mio gesto e riesce a guardarmi negli occhi a lungo. Quando sono con lui sento che valgo, sento di poter dare il 100%, so di essere tutto quello che sono. Si immerge completamente nelle mie storie prima di dire la sua e a volte nemmeno si esprime con frasi non richieste, perché ecco cosa vi dico... non sempre quando una persona finisce di parlare bisogna per forza dire qualcosa. Sono stanca, stanca, stanca di quelli che aspettano il loro turno per parlare. Per questo non piaccio a nessuno, per questo non frequento compagnie, per questo sto in silenzio, per questo devo essere conosciuta a parte, perché io voglio il vostro tempo, perché me lo merito, come voi vi meritate il mio e io ho tutte le intenzioni di dedicare ogni minuto della mia giornata a una persona sola, perché è l'unico modo di lasciar fluire l'essenza dell'essere umano che reputiamo interessante. Uno, nessuno, centomila. E quando si è più di due le varie personalità e sfaccettature di un'unica persona vanno in conflitto di fronte agli altri, quindi probabilmente quello che vedete non solo è limitato, ma probabilmente persino sbagliato. Meglio vedere un lato solo, quello che viene fuori solo di fronte a me, ma che sia autentico. E poi... persino il carattere pende da una parte all'altra a seconda di quanto è pieno il letto del fiume, se piove, se c'è il sole, se vi è stato versato il vino nuovo nel bicchiere vecchio non ancora vuoto.

Sono felice che qualcuno là fuori faccia la differenza, che non dica "Nina è fatta così", ma che stia al mio fianco proprio perché sono fatta così! 
E poi finalmente se è sì è sì, se è no è no, se non mi va non mi va e se sono felice posso non aver paura di mostrarlo. Non ne posso più di persone che smorzano le mie risate incontrollate o mi guardano storto se ho un momento di follia, come se loro non l'avessero mai avuto.
Sono molto di più di quello che le persone si aspettano e non ho paura di essere sopravvalutata, non più, perché sono in salita e non posso mollare ora, le aspettative dei miei genitori, degli amici, degli sconosciuti non mi fanno più paura. Niente mi fa più paura.
O forse una cosa c'è, e sono le persone che si soffermano in superficie, qualsiasi cosa facciano, chiunque conoscano. A volte sono difficili da riconoscere, sotto a quello strato di ipocrisia e confusione. Non sono facile e mai lo sarò. Ci sono tante cose facili nella vita, tipo far bollire l'acqua per la pasta, io non sono tra quelle, perché sono un essere umano, perché sono una donna e ho tante cose alle spalle, non tutte positive, ma tutte mi hanno portato a una crescita, a un mondo interiore sconfinato e ci tengo da starci male, non avrebbe senso farci entrare il primo che capita, uno di quelli da compagnia, un amico di tutti, una persona povera dentro.

C'è una sola persona che può distruggermi... e sono io. E non ho più paura di me.






sabato 5 luglio 2014

L'ultima volta

A volte ripenso all'orto di mia nonna. Era enorme, non esisteva verdura che mancasse in quella terra sempre umidiccia, sempre amata. Altre volte mi ricordo del suo giardino in cui i fiori e i frutti crescevano quasi spontaneamente, non ricordo di aver mai visto mia nonna dedicarcisi più di tanto. Le piante crescevano al suo pensiero. Ho sempre pensato che mia nonna fosse una strega.
Una volta ho scoperto un piccolo melo, avrà avuto la mia altezza all'epoca, penso di aver avuto sette anni... non so quanto possa aiutare come rapporto per misurare l'albero. Aveva delle piccole mele verdi, tantissime, incredibile. Ne avevo mangiata una, ancora oggi mi è rimasta la passione per le cose aspre. Mia nonna in qualche modo se n'era accorta, forse le contava ogni giorno, forse gliel'avevano raccontato le rondini.

Ricordo quando una mattina ha trovato un cagnolino nero morto sul carbone accatastato fuori dal cancello. L'ha urtato con la pala con cui raccoglieva il carbone... e lui si è mosso e non è mai più morto. È ancora vivo! Me l'ha raccontato mia madre che è andata a trovarlo dicembre scorso. L'ha accarezzato, l'ha guardato e ha riconosciuto i suoi occhi e ha cominciato a piangere e il cane le ha fatto un sacco di feste. Come fa a ricordarla ancora? E chissà se si ricorda di me, delle nostre corse nei campi, io e il mio piccolo lupo nero. Sarà vecchissimo e forse ora che sa che non ci vedremo mai più, si accontenterà di aver rivisto mia madre. E morirà. Come tutti, prima o poi. Avrei preferito non saperne niente. Adesso mi logoro. Mi manca. 

Sento l'odore di fieno, di fragole, di cetrioli freschi e di riso bianco appena cotto. Sono cose che non mi abbandoneranno, anche se non ho più una terra in cui tornare. Non è la mia città, non è il Canyon con le mie amate concavità scavate dallo stesso vento... è la terra, quella che puoi toccare, quella di cui ti vuoi sporcare. Non ho più una casa in campagna in cui tornare e mi sento morire dentro e penso che forse non avremmo mai dovuto venderla e sarebbe stato meglio lasciare che la nonna morisse in quella casa, circondata dai suoi animali, dalla sua terra, dalle sue magiche piante... Invece che in un comodo e caldo appartamento in un'altra città... e la solitudine. 

Cosa darei... cosa darei per camminare su quel sentiero ancora una volta. Non ci voglio mai pensare, ma forse è arrivato il momento di ammettere a me stessa che non mangerò mai più una cosa cucinata da mia nonna e non rivedrò mai più il mio cane nero e forse quel piccolo melo è morto abbattuto come qualsiasi altra cosa. Non ricordo l'ultima volta di tutte queste cose.

Ho imparato tanto in quel posto, tra la gente autentica. La più importante è quella di guardare le persone negli occhi. Mi ricordo Kiril, era un ragazzo molto più grande di me e spesso teneva compagnia a noi bambini, ci costruiva le case sugli alberi, circondava la panchina su cui stavamo con dei muri di cartone e ci guardava da fuori, si vedevano i suoi capelli biondi e i suoi occhi verdi. Una volta li vidi sorridere e proprio in quell'istante la luce era entrata nell'iride, sono immagini che non si scordano, sono le cose che adesso cerco di fotografare, sono le cose che apprezzo negli uomini.
Guardarsi negli occhi mentre si raccontano storie, a meno che non si è sdraiati a guardare le stelle, è fondamentale, altrimenti si sballa tutto, le tempistiche non tornano e non c'è modo di entrare insieme in un mondo parallelo. Come fai a dire esattamente ciò che provi usando solo le parole? Come fai a definire le sfumature delle tue idee essendo solo descrittivo? Non puoi.

E io mi ricordo tutti gli occhi delle persone che mi hanno colpito. So definirne ogni venatura, ogni taglio, colore, tonalità che fluiscono al cambiare della luce. Tutto. Gli occhi sono come i luoghi che visito per ricordarmi che l'eternità esiste, perché tutto cambia, il corpo decade, gli occhi no... Ti guarderanno in quel modo fino alla fine.

Quando è stata l'ultima volta che qualcuno mi ha guardato negli occhi? Che ci ha visto qualcosa, che ha saputo attribuire i miei modi di guardare ai miei gesti...? Le persone non guardano cosa c'è dentro, ma solo attraverso, in cerca di uno specchio.
E quando è stata l'ultima volta che avete realizzato di aver fatto una cosa per l'ultima volta? Come chiudere una porta... e non tornarvi mai più.


martedì 10 giugno 2014

La carica erotica

Volevo fare uno di quei miei post lunghi su Facebook, ma ho pensato fosse tempo sprecato, perché le cose che ho da dire sono molte e non sono sicura abbiano presa sui miei contatti. Se non posso condividere un sentimento con qualcuno che possa capire, cosa lo condivo a fare? Le persone che mi leggono qui non approdano mai a caso, tra gli ex che non si danno pace, tra gli ex curiosi, tra gli ex che mi vogliono bene e si preoccupano ancora per la mia fermità mentale, è giusto dare lo spazio che tutte queste persone si meritano. Scherzo, questo spazio esiste per tutti coloro che trovano il tempo di leggermi. Tutti.

Poi ci sono i lettori occasionali, gente che non conosco ma che sento molto più vicina, persone che si prendono la briga di scrivermi in privato e condividere un pezzo della loro esistenza, delle loro emozioni... Per me è incredibile il potere che ha un blog tra esseri umani che altrimenti non avrebbero mai saputo dell'esistenza l'uno dell'altro.


Insomma, cari lettori, vi seguo tutti. Non sempre sono calorosa e accogliente, a volte mi mantengo distante, algida (come dice Ema, il mio migliore amico), ma sapete meglio di me cosa mi ha portato a essere in questo modo, per lo meno su Internet. Nella vita reale sono divertente, dolce e in alcune cose mi so lasciar andare. Per esempio ieri Luca, il mio chitarrista, mi ha detto che sono molto meglio quando mi lascio andare, quando non ho paura di sbagliare. Vi rendete conto? Un uomo che mi conosce a stento ha colto il punto! Quando sono sul palco spacco tutto, quando sono in sala prove ho ancora paura che qualcuno possa sentirsi in diritto di farmi del male, gratis, così... perché può.
Ma ho realizzato che quando sono in quella saletta sono circondata da persone come me, alla mano, passionali, preoccupate, affaccendate e con le mie stesse paure. Non c'è motivo di chiudersi, perché se mi apro con loro non posso che migliorare. So che i miei ragazzi... e la mia cara Daria, non sputerebbero mai nel mio cuore. Loro sanno che se mi irrigidisco è perché prendo la musica come un lavoro e se prendo una cosa come un lavoro è perché ci tengo, ci tengo da morire. Non è un approccio sempre funzionale, ma almeno è autentico. Migliorerò... come cantante, come persona. Se loro sapessero quanto tengo a questo progetto, se avessi il coraggio di lasciarmi andare alle prove per farglielo capire, so che andremmo lontano. Il fatto che loro non abbiano paura di dirmi cosa pensano e che trovino la sensibilità di dirmelo nel modo giusto, è per me indicativo, è per me un incentivo per fare altrettanto ed essere fiera del mio piccolo progetto.

Volevo dirvi, tutti voi che mi state leggendo, che qualcosa sta cambiando. Sto diventando più gentile e mi metto meno sulla difensiva, perché so proteggermi senza innalzare muri e scavare fossi riempiendoli di coccodrilli. Ultimamente ho avuto modo di toccare nuovamente il fondo. Tante volte vi ho scritto che per riuscire a salire c'è bisogno di darsi una spinta dal basso, ma vi giuro... non ho più le forze di scendere, di cadere, di elemosinare aiuti, di elemosinare amore. Quindi mi munisco delle attrezzature migliori e comincio a scalare e non importa se il vento è forte e se mi sanguinano le dita, io mi aggrappo e resisto, io vado fino in cima. 

Questa è una di quelle notti magiche. Avete presente quando vi sentite al massimo delle vostre forze? Quando non avete bisogno di nessuno... Quando riuscite a toccare il nocciolo della vostra esistenza, senza la pressione dell'influenza delle esperienze passate, o quello che vi hanno insegnato i genitori, o i modi di fare trasmessi di generazione in generazione nella vostra famiglia. Questa è una di quelle notti in cui i geni dei miei genitori non significano niente, rimango pura e grezza come un animo ha il diritto di essere almeno una volta nella propria vita terrena.

Mi sento un essere compiuto e non posso che migliorare. Questa consapevolezza è il risultato migliore che io potessi raggiungere in questo momento della mia vita. Sento dentro di me muoversi tante cose... come la carica erotica capace di devastare tutto, la stessa carica erotica che ha dato luce al mio concepimento, ne sono sicura. Da questa energia compatta e stabile posso creare qualsiasi cosa, posso distruggere e ricomporre la realtà a mio piacimento, posso persino definirmi artista e non vergognarmi di questo appellativo. Non è incredibile? Sono fermamente convinta che determinate cose nascano dalla passione, dall'erotismo, dall'amore terreno che si protende verso una conoscenza superiore, spirituale. E per erotismo non intendo il mero atto sessuale, ma la vita che vi si cela dentro, in attesa di un essere umano degno di maneggiarla.

Sono un essere potentissimo e oggi sono fiera di me. Nessuno potrà distruggere questa sensazione, non stanotte. E me la godo.




domenica 8 giugno 2014

Scrivere e parlare un po' a vanvera

Aspetto sempre che succeda qualcosa di pregnante per riuscire a scrivere delle frasi significative, che mi aiutino a capire qualcosa nella mia vita, che possano arrivare a chi legge e avere un senso in generale.
Il problema è che niente di così interessante sta succedendo. Esistono cose di cui bisogna parlare, altre di cui è meglio solo scrivere, difficilmente scrivo di pensieri già ampiamente espressi a voce, mi annoia.

Mi sono successe cose imbarazzanti e umilianti che solo i miei amici possono conoscere, non sono ancora così coraggiosa da scriverne. Ma appunto i miei amici, persone sparse qua e là intorno a me o in giro per il mondo, poche, pochissime personalità che mi facciano venire voglia di fidarmi, di confrontarmi, sono gli unici oltre ai miei consanguinei che contano adesso. Tre pareri discordanti mi hanno spinto a chiudere una porta, non ci si capiva niente, ma sapevo cosa fare.

Percorrevo le vie a caso, con il sole a picco e le spalline dello zaino che si appiccicavano alla pelle sudaticcia e sorridevo, sentivo un vento leggerissimo che mi portava odori nuovi, apriva nuovi spiragli di possibilità. Sono persino convinta di essere pronta ad amare, un giorno. 

Ci sono persone che non vanno d'accordo tra di loro, ci sono quelle troppo diverse o con i valori discordanti, poi c'è gente spiritualmente poco sviluppata e io non ci posso fare niente. Non posso lasciarmi inglobare dal vuoto della maggioranza, farmi manipolare da parole superficiali e frasi fatte, trite e ritrite fino a farmi venire il vomito.

Ho un'incredibile voglia di vivere, come ho sempre fatto, nella gioia e nella tragedia, fino in fondo, fino a scomporre le cose e farmi del male, l'importante è che io non perda quella passione per ogni piccola cosa che mi circonda. Meglio soffrire che vivere nella superficialità. Poi arriverà il giorno in cui saprò proteggermi senza chiudermi e poi ho imparato che chi sa guardare, semplicemente... vede. Chi ha occhi e chi cerca le tue stesse cose, vede tutto, anche quel rimorso che si nasconde in un sorriso sincero.

Devo ricordarmi di vivere tutte le tavolozze dei colori e di non aver paura a mescolarle un po', magari non più di tre come suggerisce la regola. Non c'è niente di male nell'immergersi completamente, basta non fossilizzarsi, non aspettare che l'acrilico si asciughi. Inutile ridarci sopra il colore, viene fuori solo un gran troiaio. La tela è grande, Nina, i personaggi da dipingere infiniti.

Quindi ultimamente non è successo niente di significativo perché io possa scriverne, non sto dicendo di raschiare il fondo della mia esperienza, ma solo ho trovato più facile parlare in questi giorni. Non so nemmeno perché sto scrivendo, forse perché a volte qualcosa viene fuori, è come fare uno schema e fare il punto della situazione, esorcizzare. Non lo so.

Sto bene e non vedo l'ora di conoscere persone nuove e stimolanti, persone che possano tirare fuori il mio meglio invece che creare degli alter ego deboli e infelici. Io sono una persona felice, con qualche acciacco, come tutti, ma ho molto da raccontare.



    grazie V. per il link

venerdì 30 maggio 2014

La noia

Tante cose mi danno fastidio, ma mai quanto un uomo che per portare a letto una donna deve per forza spararle cazzate. Una volta Tea ha scritto "ma avete mai pensato che magari la donna vuole la stessa cosa?". Cioè non impegnarsi, farsi delle sane scopate, con tutto l'affetto che ne può seguire, e non farsi venire il sangue amaro per un uomo che più di quello non può valere.

Non è mai divertente attribuire valori e idealizzare qualcuno solo perché si dimostra per quello che non è o per come non potrà mai essere. Com'era quella faccenda dei nodi che vengono al pettine? 


Mi da fastidio perdere la stima per una persona, mi da noia a livello molto intimo e molto egoistico, perché forse ancora non mi permetto errori di valutazione. Dovrei accettare il fatto che certe cose non dipendono da me, che io sono corretta, sono chiara, so esattamente dove andare. Non è colpa mia se le persone non sanno cosa vogliono e perché si mischiano tra loro.

Mi da fastidio quando vengo invitata in un posto per essere abbandonata. Non sopporto quando le persone parlano una lingua che non conosco in mia presenza. Come quando si sussurrano le cose. Non ho mai pensato qualcuno potesse parlare male di me, mi sento solo tagliata fuori, penso alle mille altre cose che potrei fare in quel momento.
Mi ricordo di Victoria e Jean, che mi portavano con loro, ovunque, in una città che non conosco, parlavano francese e si scusavano di continuo, quando i loro amici non erano in grado di comunicare con me in inglese mi traducevano il possibile. Ero lì con loro, solo per una settimana, magari non li vedrò mai più, ma sono stata lì, ho vissuto, sono stata qualcuno. Mi hanno dato la possibilità di far vedere chi sono e cosa valgo e questa è la cosa più bella, nobile e generosa che gli esseri umani si possono regalare.


Mi rendo conto di essere perfettamente normale, perché le persone educate, attente e semplicemente fantastiche... esistono. 

Mi da fastidio essere data per scontata. 

Mi danno fastidio le persone che non creano legami profondi, che non parlano di cose importanti, che non raccontano della loro infanzia, che non si offendono mai, che non hanno niente da tenere stretto al cuore.


Ho conosciuto un uomo, circa un mese fa. È molto bello, alto, affascinante. Me lo ricordavo già da un po', mi ero sempre domandata come potesse essere averlo al proprio fianco, parlarci, baciarlo, vederlo andare via. Mi piace passare le mani tra i suoi capelli, mi piace il suo odore, la sua pelle è liscia e resistente, le linee che formano il suo corpo sono sensuali, precise, invitanti. Il suo tocco è determinato, duro, a tratti brutale, passionale; i suoi baci mi mettono appetito, mi fanno per un attimo dimenticare della merda di situazione in cui mi trovo... a causa sua.

È un uomo con cui non mi stanco mai di fare l'amore... ed è una cosa così rara trovare qualcuno con cui semplicemente trovarsi bene a letto, senza pretendere niente, senza aspettarsi niente, senza porsi limiti, senza avere vergogne, risvegliare qualcosa che qualche altro stronzo negli anni ha assopito per pura incapacità di esprimersi con una donna e di farla fiorire.

Mi da noia provare noia nel provare queste cose, nel sentirmi attratta da qualcuno per cui sono regolare, normale, di routine.

Ogni uomo è capace di sedurre una donna, bene o male, quelli capaci di farla restare si contano sulle dita di una mano... e io devo aver sbagliato i conti. Qualcosa non torna. 


So quello che valgo. Se rimango è perché credo in me e perché voglio provare a contare dall'inizio, a occhi chiusi... magari mi imbatto nella persona giusta. Magari la persona giusta è proprio quella che ho incontrato in una sera un po' frizzante, un po' fredda; è quella con cui ho fatto una colazione un po' strana, un po' insicura. 


Mi da fastidio che un uomo che ha due occhi bellissimi, regali lo stesso sguardo a tutte le donne, perché ho bisogno di essere speciale per dare il massimo, per essere migliore, per elevare le persone che ho intorno. Sennò sto bene da sola. Non mi va di lasciarmi tirare in basso solo perché qualcuno non ha né forze né desiderio di mettersi su un gradino più alto, per poter parlare a voce più bassa e dire cose più interessanti e intime, per poter vedere il mondo un po' meglio, per essere in vantaggio.



Non ho bisogno di esclusività stupide e obsolete, proteggo solo ciò che amo, sciocco colui che non lo fa. 


domenica 18 maggio 2014

Il cuore

Non so bene che tema sviluppare, è un giorno di scrittura questo... ma non ho ispirazione, il che è abbastanza brutto. Ho pensato di partire dalla descrizione delle mie sensazioni, o di come semplicemente mi sento, ma non so spiegarmelo. Ho solo un pezzo di Beck molto adatto; come sempre, quando mancano le parole pensa a un artista che possa averle trovate per te. È per non sentirsi soli.
Quando scrivo musica o quando descrivo i miei sentimenti sul blog, o in una di quelle lettere sempre più rare, lo faccio con quel intento. Sono sempre alla ricerca di comprensione, di farmi capire, di far sentire meno solo qualcuno là fuori.

Non esiste un modo per comunicare a chi sta leggendo quanto io a volte mi senta semplicemente abbandonata. È frustrante, perché lo sappiamo che non è colpa di nessuno se non nostra, ma la sensazione permane e non esiste nessuno che ci possa salvare, perché non abbiamo modo di farlo capire.


Mi sono fatta questa doccia gelida pochi giorni fa... e anche questo è triste, perché arrivare ad avere bisogno di sensazioni pungenti e sgradevoli per tornare coi piedi per terra, invece che appoggiarsi a un po' di comprensione umana, è un po' come toccare il fondo. Mi sono sentita in colpa con me stessa, ma anche questo non serve mai a molto se non a peggiorare la situazione. Odio sentirmi miserabile, ma a volte, semplicemente, dovrei accettarlo e perdonarmi un attimo di debolezza, alla faccia di tutti. Ho appoggiato il palmo della mano sul petto e ho sentito battere forte il cuore. Ci pensate? Cos'abbiamo di più sincero e familiare? Niente. Il cuore. Un organo che scandisce i suoi battiti, imperterrito, qualsiasi cosa facciamo, comunque ci sentiamo. Non si arrende mai per quanto una situazione possa sembrare insuperabile, tragica, pesante. Questo è incredibile, pensateci. C'è dentro di voi una cosa talmente costante, forte, responsabile e attiva che non potete essere dei falliti, per il semplice fatto di esistere, di identificarvi come esseri umani. Solo per il cuore che pompa, assiduo ma non ignaro, ogni uomo ha il diritto di essere rispettato e merita un sorriso, perché siamo tutti a conseguire la stessa battaglia.

Così sentivo il mio cuore battere in questa mano piccola e impotente e ho avvertito il sangue bollente muoversi all'interno del mio corpo, ho chiuso gli occhi e ho percepito l'energia salire dalla terra fino alla punta dei capelli, diffondendosi lungo la colonna vertebrale e ramificandosi in ogni ossicino di un corpo che dovrei amare di più. Sono un essere potentissimo, non dovrei sentirmi svilire per così poco e dovrei smettere di cercare negli altri ciò che nascondo nel profondo del mio cuore. Sapete cosa mi diceva sempre mio papà? Che l'intuito è una prerogativa del cuore, nelle prime frazioni di secondo ci dirà esattamente come fare, semplicemente la verità, prima che l'intelletto entri in gioco nel secondo successivo, riempiendoci di dubbi e considerazioni sbagliate. Così la prossima volta che sono triste e percepisco quel breve attimo in cui il cuore mi spinge ad abbracciare qualcuno a cui potrei voler veramente bene, lo farò senza esitare, prima che il cervello mi isoli e mi chiuda all'interno di un recinto in cui non voglio più stare.

Oggi piango, semplicemente perché posso, perché sono triste e non devo preoccuparmi che qualcuno reputi delle lacrime esagerate. So solo io cosa significano, quanto mi siano care e per cosa valga la pena piangere e per cosa no.

Piango perché sono un essere potentissimo e per gestire tutta questa forza ho bisogno di riposare, di scaricare le energie negative e di lasciami andare. Ho un cuore sempre attivo e tante cose da fare, ecco perché piango.



lunedì 5 maggio 2014

Ispirazione



Mi piacerebbe citare il padre di Teo in The Dreamers, quando dice che l'ispirazione non ha un minimo di considerazione per il povero poeta, è come un bambino, arriva quando meno te lo aspetti. Ma non è più il fulcro del mio pensiero, perché non attendo e a volte la metto da parte, perché l'idea sembra tanto buona, ma capita che il cervello non sia pronto, che semplicemente non sia il momento.

Perdo tante buone occasioni di creare qualcosa di nuovo, ma ho una netta sensazione di non poter rendere onore alle mie idee e allora attendo, oppure semplicemente non le reputo buone idee anche se mi fanno prudere le mani. A volte l'occasione si ripresenta, altre volte no e realizzo che non era comunque niente di importante. Non è di certo come un'occasione lavorativa, mai detto di no solo per paura di non essere all'altezza, anche solo per il semplice fatto che qualcosa del genere possa aver bussato alla mia porta, non è di certo un caso... Ecco, l'ispirazione per me è come un uomo che mi piace tanto, che si presenta in un momento tanto proficuo, proprio nel momento del bisogno, ma non è l'uomo che potrò amare. Questo mi fa sentire in diritto di andare oltre e di non dare luce necessariamente a tutto quello che fa capolino nei miei sogni.

Altre volte scambio l'ispirazione per il semplice bisogno di scrivere, o di fare foto, ma posso riportare come esempio il sesso... a volte si fa per bisogno, a volte per amore...
Può essere che il bisogno sia talmente forte da annebbiare un po' la vista, ma passa senza necessariamente fare cattive scelte di cui pentirsi.

L'ispirazione per me, invece, è qualcosa che io cerco intorno a me più che dentro di me. Osservo le persone, passo del tempo con loro, ascolto attentamente e non mi baso solo sul risultato che raggiungono, ma sul percorso che fanno. Faccio affidamento al mio mental set, oltre che alla mia sensibilità, perché se dovessi dare solo ascolto al mio intuito comincerei a fare mille cose senza finirne una. Non è sempre facile unire il bisogno di creare e l'amore per la creazione, questo voglio dire. Capita che io abbia bisogno di fare dei ritratti e allora scatto foto random, poi mi sento meglio, quando guardo quei ritratti non sento niente. Quando invece è il momento stesso a ispirarmi la fotografia, quindi uno stimolo esterno e non un impulso interno, allora realizzo immagini che non sarò mai stanca di guardare, di cui sarò sempre fiera e, soprattutto, il parere pubblico cesserà di influire così tanto sulle mie scelte. Non so se sia perché così mi espongo meno e faccio vedere più di quello che vedono i miei occhi, nel senso, dimostro quello che amo e non quello che mi compone interiormente, quindi il giudizio e la critica spaventano meno. La mia unica paura è di dare, in questo modo, meno... Sto sperimentando. Non so, non so... ma so che ora è così.

Mi piace mostrare quello che mi attraversa, mi piace essere un filtro nelle mani della realtà, le foto che faccio non devono essere autentiche di per sé, ma devono essere fedeli a come le vedo io. Per questo non sono mai riuscita ad organizzare set fotografici e creare degli artifici perfetti di cui spesso sono stata protagonista come modella.
Il mio obiettivo è solo un filtro, non cerco la foto, è la foto che mi trova. Non vado mai a spulciare luoghi o situazioni con la macchina in spalla, semplicemente ce l'ho dietro e appena vedo qualcosa che possa sembrare perfetto racchiuso nei quattro lati dell'inquadratura, scatto.
Ho provato a far posare alcune persone per me, soprattutto per i progetti in digitale, e sono felice dei risultati, sono come dei figli per me e sono esattamente come li vedevo e la cosa bella è che i soggetti erano pronti a vedersi con i miei occhi, si piacevano e io non credo di aver provato soddisfazioni più grandi, nemmeno quando mi piacevo io in una foto. Però... però... è solo quando inserisco la pellicola in quella Zenit sgangherata che ho i brividi. Davvero non trovo parole che non siano banali e inflazionate per definire come mi sento quando scatta l'otturatore e per istanti impercettibili tutto scompare mentre i sali d'argento cominciano a disegnare linee indistinte di quello che è la mia vita, di quei piccoli momenti che mi circondano e che dicono di me molto di più di qualcosa che viene direttamente dal mio cuore, per il semplice fatto che il cuore comunica attraverso un linguaggio impossibile da decifrare. Fare quelle foto è come trovare le parole perfette per dire "ti amo" quando non si ha il coraggio di farlo, per esprimere la necessità di affetto che ho tanta difficoltà a mostrare, per tenere per me il tempo che passa e le persone che se ne vanno. Capite, questo modo di fare la fotografia è puro, perché rappresenta un momento reale e mi rende indipendente, perché così la situazione è totalmente nelle mie mani e non importa dove guarderà la persona che sto fotografando o da dove cadrà la luce, perché non sono cose che creo, sono cose che catturo, non le invento, le reinterpreto e l'ispirazione non smette mai di fluire.

Scattare quelle foto è davvero come fare sesso con la persona giusta. È un bisogno che nasce solo e soltanto di fronte a quella persona, in quel luogo, in quello stato d'animo e non a caso nella solitudine della mia casa. È un bisogno che non nascerebbe in altre occasioni, è un bisogno che non esisterebbe senza l'amore.

Non so in che altro modo spiegarlo, ma spero che si capisca almeno minimamente del perché le mie foto non siano perfette, o perché io non mi dedichi professionalmente alla fotografia. Sono momenti, sono momenti importanti che mettono a nudo la mia coscienza, i miei desideri, la mia nostalgia... perché non ho più le forze di usare le parole, perché, come ho sempre sostenuto, le persone non ascoltano, ma sono ancora catturate dalle immagini e credo che si tratti di un'attenzione che non potrà mai scemare.

L'ispirazione per me non è un bisogno incontrollabile, è un amore consapevole per la mia arte.