lunedì 5 maggio 2014

Ispirazione



Mi piacerebbe citare il padre di Teo in The Dreamers, quando dice che l'ispirazione non ha un minimo di considerazione per il povero poeta, è come un bambino, arriva quando meno te lo aspetti. Ma non è più il fulcro del mio pensiero, perché non attendo e a volte la metto da parte, perché l'idea sembra tanto buona, ma capita che il cervello non sia pronto, che semplicemente non sia il momento.

Perdo tante buone occasioni di creare qualcosa di nuovo, ma ho una netta sensazione di non poter rendere onore alle mie idee e allora attendo, oppure semplicemente non le reputo buone idee anche se mi fanno prudere le mani. A volte l'occasione si ripresenta, altre volte no e realizzo che non era comunque niente di importante. Non è di certo come un'occasione lavorativa, mai detto di no solo per paura di non essere all'altezza, anche solo per il semplice fatto che qualcosa del genere possa aver bussato alla mia porta, non è di certo un caso... Ecco, l'ispirazione per me è come un uomo che mi piace tanto, che si presenta in un momento tanto proficuo, proprio nel momento del bisogno, ma non è l'uomo che potrò amare. Questo mi fa sentire in diritto di andare oltre e di non dare luce necessariamente a tutto quello che fa capolino nei miei sogni.

Altre volte scambio l'ispirazione per il semplice bisogno di scrivere, o di fare foto, ma posso riportare come esempio il sesso... a volte si fa per bisogno, a volte per amore...
Può essere che il bisogno sia talmente forte da annebbiare un po' la vista, ma passa senza necessariamente fare cattive scelte di cui pentirsi.

L'ispirazione per me, invece, è qualcosa che io cerco intorno a me più che dentro di me. Osservo le persone, passo del tempo con loro, ascolto attentamente e non mi baso solo sul risultato che raggiungono, ma sul percorso che fanno. Faccio affidamento al mio mental set, oltre che alla mia sensibilità, perché se dovessi dare solo ascolto al mio intuito comincerei a fare mille cose senza finirne una. Non è sempre facile unire il bisogno di creare e l'amore per la creazione, questo voglio dire. Capita che io abbia bisogno di fare dei ritratti e allora scatto foto random, poi mi sento meglio, quando guardo quei ritratti non sento niente. Quando invece è il momento stesso a ispirarmi la fotografia, quindi uno stimolo esterno e non un impulso interno, allora realizzo immagini che non sarò mai stanca di guardare, di cui sarò sempre fiera e, soprattutto, il parere pubblico cesserà di influire così tanto sulle mie scelte. Non so se sia perché così mi espongo meno e faccio vedere più di quello che vedono i miei occhi, nel senso, dimostro quello che amo e non quello che mi compone interiormente, quindi il giudizio e la critica spaventano meno. La mia unica paura è di dare, in questo modo, meno... Sto sperimentando. Non so, non so... ma so che ora è così.

Mi piace mostrare quello che mi attraversa, mi piace essere un filtro nelle mani della realtà, le foto che faccio non devono essere autentiche di per sé, ma devono essere fedeli a come le vedo io. Per questo non sono mai riuscita ad organizzare set fotografici e creare degli artifici perfetti di cui spesso sono stata protagonista come modella.
Il mio obiettivo è solo un filtro, non cerco la foto, è la foto che mi trova. Non vado mai a spulciare luoghi o situazioni con la macchina in spalla, semplicemente ce l'ho dietro e appena vedo qualcosa che possa sembrare perfetto racchiuso nei quattro lati dell'inquadratura, scatto.
Ho provato a far posare alcune persone per me, soprattutto per i progetti in digitale, e sono felice dei risultati, sono come dei figli per me e sono esattamente come li vedevo e la cosa bella è che i soggetti erano pronti a vedersi con i miei occhi, si piacevano e io non credo di aver provato soddisfazioni più grandi, nemmeno quando mi piacevo io in una foto. Però... però... è solo quando inserisco la pellicola in quella Zenit sgangherata che ho i brividi. Davvero non trovo parole che non siano banali e inflazionate per definire come mi sento quando scatta l'otturatore e per istanti impercettibili tutto scompare mentre i sali d'argento cominciano a disegnare linee indistinte di quello che è la mia vita, di quei piccoli momenti che mi circondano e che dicono di me molto di più di qualcosa che viene direttamente dal mio cuore, per il semplice fatto che il cuore comunica attraverso un linguaggio impossibile da decifrare. Fare quelle foto è come trovare le parole perfette per dire "ti amo" quando non si ha il coraggio di farlo, per esprimere la necessità di affetto che ho tanta difficoltà a mostrare, per tenere per me il tempo che passa e le persone che se ne vanno. Capite, questo modo di fare la fotografia è puro, perché rappresenta un momento reale e mi rende indipendente, perché così la situazione è totalmente nelle mie mani e non importa dove guarderà la persona che sto fotografando o da dove cadrà la luce, perché non sono cose che creo, sono cose che catturo, non le invento, le reinterpreto e l'ispirazione non smette mai di fluire.

Scattare quelle foto è davvero come fare sesso con la persona giusta. È un bisogno che nasce solo e soltanto di fronte a quella persona, in quel luogo, in quello stato d'animo e non a caso nella solitudine della mia casa. È un bisogno che non nascerebbe in altre occasioni, è un bisogno che non esisterebbe senza l'amore.

Non so in che altro modo spiegarlo, ma spero che si capisca almeno minimamente del perché le mie foto non siano perfette, o perché io non mi dedichi professionalmente alla fotografia. Sono momenti, sono momenti importanti che mettono a nudo la mia coscienza, i miei desideri, la mia nostalgia... perché non ho più le forze di usare le parole, perché, come ho sempre sostenuto, le persone non ascoltano, ma sono ancora catturate dalle immagini e credo che si tratti di un'attenzione che non potrà mai scemare.

L'ispirazione per me non è un bisogno incontrollabile, è un amore consapevole per la mia arte.


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