sabato 22 settembre 2012

Attraverso lo specchio

E' una giornata no, è decisamente una giornata no.
L'ho avvertita nella bocca dello stomaco ancora ieri, di notte.
Ce lo aspettiamo quando sta per arrivare un sabato del genere.

Il cielo è grigio e la mente è offuscata dall'alcol, c'è un'inspiegabile voglia di piangere, ma il corpo è completamente disidratato, la testa inoltre non trova un motivo concreto per farlo e allora gli occhi si rifiutano.

Ho passato ore a rimuginare su questioni inutili, ma come ogni persona ansiosa su questa terra, più cerchi la radice e più questa affonda nelle profondità di un terreno arido ed impossibile da scavare.

Allora mi sono ricordata di Trent Reznor che dice che niente lo può più fermare, perché non gliene frega più un cazzo.
Così ho fatto io. Ho lasciato perdere, ci tornerò su quando sarà il momento, quando saprò che sarà il momento, si presenterà da solo.

E' un po' triste perché quando non ti importa più niente è perché sei esasperato, perché qualcuno ti ha succhiato via le forze, quando qualcuno ti ha deluso.
Ragazzi niente è brutto quanto la delusione, io non ho più le forze di reagire. Non per questo mi arrendo, ripongo ancora fiducia nelle persone, mi illudo, ci spero. E so benissimo che le delusioni arriveranno e non avranno mai fine, ma lo stesso quando si presentano è un grande dolore, è un dolore che marcisce nelle viscere e tocca punti talmente acuti da indurre il corpo allo svenimento.

In questo caso lo svenimento è quello dei sentimenti. Spariscono. Se rimangono sono troppo fuori controllo, mandano il cervello in tilt e allora succede qualcosa, scatta un meccanismo di difesa di cui probabilmente Trent parla.


Non so perché prima ho pensato ai riflessi, agli specchi. Anche gli specchi mi mandano in tilt il cervello. Mi sono sempre chiesta che magia mai fosse quella di poter spegnere la tv direzionando il telecomando verso uno specchio. 
Questo affascinante mondo parallelo che ci fa vedere dalla prospettiva sbagliata. Ciò che è a destra si sposta a sinistra e viceversa, eppure ci riconosciamo alla perfezione e probabilmente non siamo tanto differenti da come gli altri ci vedono.

Ma che cos'è?

Mi sono poi ricordata di Svetlana Anatolievna, la mia insegnante delle elementari, quando ancora vivevo in KZ. Una donna bellissima, coi boccoli biondi e la pelle morbida.
Una volta siamo rimaste da sole in aula, dovevo darle una mano con dei cartelloni per un qualche inutile evento. La stanza era illuminata dalla luce naturale diurna e nell'aria c'era un forte odore di pennarelli indelebili e lei si meravigliava di quanto questo odore mi piacesse.

E' l'unico ricordo che vivo ancora da protagonista, non è uno di quelli in cui ti vedi da fuori, a lungo andare, ancora lo vedo in prima persona. Tuttora non so come fossi da fuori, non ho nemmeno un ricordo che si ricolleghi allo specchio, non in quegli anni.
Forse sono stati gli anni più puri, perché non mi importava, volevo solo rivedere mia madre, ma è come se la mia tristezza di base si fosse già impossessata di pensieri impercettibili ma presenti, quelli che Stephen King descrive bene. Sono pensieri che i bambini ancora non sanno definire, ma che provano, in forma primordiale e pura.

Vorrei che le persone si guardassero allo specchio più a lungo, che si studiassero ogni neo, ogni imperfezione, le rughe, i capelli, le sfumature degli occhi, le narici che si dilatano durante un sospiro turbato, i denti, la lingua, le labbra che si schiudono o che si serrano, le sopracciglia che si inarcano e le espressioni che si trasformano a ogni piccolo pensiero.
Se le persone dedicassero più tempo a queste quotidiane analisi, si renderebbero conto di avere dentro di sé un mondo bellissimo e smetterebbero di ossessionarsi da quello altrui.

Signore e signori, Nina ha lasciato il palazzo (sorrido).



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