martedì 11 dicembre 2012

Vita tranquilla

Sembra che da tempo io sogni qualcosa di pacato, di intimo, di privato, riservato, tranquillo, pacifico, semplice, lontano, lontano da qui, per sempre.
Cosa me ne faccio? E' bello immaginare un personaggio che mi rappresenta, distante da tutto quello che conosco, da tutto quello che finora ho vissuto. 
Capita a volte di svegliarsi e di immaginare di essere nel letto di un altro stato, magari dall'altra parte dell'oceano. 
Oppure si tira il piumone fin sopra il naso immaginando sia un sacco a pelo in un bosco sloveno, dove nessuno può rompere le palle, dove non ci siano obblighi e non c'è da combattere contro persone scorrette.

E' tutta la vita che mi sposto, che non voglio quella tranquillità che tanto bramo ed è solo quando sento la pace tessere infinite combinazioni energetiche nella mia gabbia toracica che capisco che lo chalet che mi è venuto in mente ormai più di un anno fa, non ha alcun significato fuori dalla mia pelle, lontano dal mio cuore.
La mia casa sono io e come una piccola lumaca me la porto dietro, dove voglio. L'importante è lasciare il segno, sapendo di poter tornare, senza però alcuna voglia di farlo.

I posti non cambiano, siamo noi a cambiare.
Il mese scorso guardavo di sotto al burrone in Kazakistan e mi veniva da piangere all'idea che sei anni prima c'erano esattamente le stesse rocce, rossicce e imponenti. Mi pietrificavo all'idea che quel angolino di mondo restava immobile da quando lo vidi la prima volta all'età di sette anni.
Toccavo la mia terra e mi sporcavo le mani tremanti, sapendo che giù tra le montagne scorreva lo stesso fiume e in tutti questi anni non si era mai fermato, mentre avevo così tanto, ma così poco in confronto ai tempi che la Natura si concede.

Una vita tranquilla non fa per me, forse è per questo che va sempre tutto a puttane, così posso mettermi a costruire di nuovo.
La mia pace sono i ricordi, anche quelli più burrascosi. 
E' incredibile come certe difficoltà insormontabili della nostra vita diventino una nullità nella nostra testa col passare degli anni. Ma è ancor più ineffabile la sensazione che il nostro cervello trasmette ai polmoni quando ripensiamo invece a un gesto così piccolo, a un dettaglio, a un momento di quiete. Mi si contorcono tutti gli organi quando realizzo che ciò che mi compone sono proprio quelle impensabili rifiniture.


E a proposito di minuzie che fanno di me ciò che sono, ecco la mia nuova intervista. E' breve, semplice, immediata, ho voluto essere sincera e ho pensato al fatto che GQ mi permette di essere schietta e ciò mi rende felice anche in un articolo che non dice esattamente chi sono (non ho mai scattato con Corrado, non mi piace Daniele -anche se oggettivamente è una figa della madonna-), non è assolutamente il mio tipo di fotografia, ma non riesco a smettere di domandarmi come sarei io in un set del genere e cosa un fotografo del genere tirerebbe fuori da me (oltre alle tette, naturalmente).
Ho quindi racchiuso in queste poche domande quelle che sono le mie curiosità e forse questa volta ho detto di me, in maniera del tutto indiretta e meno palpabile, molto più di quello che potrei rivelare attraverso le foto che amo di più.



Qui l'intervista a Corrado Dalcò


























Nessun commento:

Posta un commento