martedì 25 dicembre 2012

Impedimenti

Nella mia lotta tra i "piuttosto che" erronei e l'impossibilità, inspiegabile, di stampare il mio primo rullino, sono ancora viva; ho passato il Natale in compagnia di Stephen King, per poco e con sotto al naso una tazza di caffè. Non mi sono sfondata e non ho fotografato il cibo prima di ingerirlo. Non è successo proprio niente che valesse la pena documentare. Ci hanno pensato gli altri e non è stato malaccio vedere il reportage dell'intero pranzo dei miei amici. 

Alcune cose possono essere negative, ma sono una sicurezza e non è poco di questi tempi. Visto che i fotografi si volatilizzano e le persone con cui professionalmente parlando mi trovo bene sono sempre meno.
In poche parole? E' una merda.

Ma non ho voglia di lamentarmi, davvero, se una persona non trova cinque minuti per mandarmi a cagare piuttosto che ignorarmi senza un apparente motivo, non vedo perché io debba dedicare righe intere del mio blog a parlarne male. L'ho appena fatto. Me ne rendo conto. E' che la gente non smette di stupirmi, in senso negativo, ma ne sono assuefatta, non riesco a farne a meno.

Allora mi concentro sulle cose positive. Per esempio, su commissione di GQ ho intervistato Emanuele Ferrari, fotografo gentile e con nel portfolio un sacco di figa. All'inizio, guardando le sue foto di sfuggita, mi sono chiesta se non fosse tutto merito di questo piccolo particolare che fa rizzare le orecchie a noi donne e qualcos'altro agli spettatori uomini. Ma credo di no. Le foto sono pulite, il concetto è chiaro e le modelle sono un sacco espressive anche in volto :)


Qui l'intervista


























Nel frattempo ho pubblicato anche qualcosa di mio puro gusto personale per C-Heads. Mari Le Bones. A cui credo di aver fatto le domande di cui veramente mi premeva sapere le risposte, ma non le ho chiesto cosa significasse per lei il suo nome. L'avevo già chiesto a Romolo, non mi piace ripetermi così palesemente. Ora però mi rode!
Che tipa. Penso che avrei potuto chiederle cose all'infinito, oppure avrei potuto domandarle la stessa cosa più e più volte e lei avrebbe sempre risposto in maniera diversa, originale, tutta sua e soprattutto sincera.
Ma la cosa che in assoluto amo di più di questa donna, dal punto di vista prettamente artistico, è il fatto che sa esattamente cosa sta facendo, magari non ha idea di dove andrà a finire, ma sa perché lo sta facendo. Non so se mi spiego.
Il mio famigerato perché nell'arte. Se fai cose a caso e funziona, probabilmente sei famoso. Altrimenti devi esaltare la tua opera con una buona dose di contenuti. E qui i contenuti non mancano.


Qui l'intervista


























Mentre sabato sono stata a Roma. Ho conosciuto persone attive e determinate e hanno tirato fuori un po' di quella mia grinta assopita. Forse a tratti questa cosa mi ha fatto sentire idiota, ma allo stesso tempo sono stata vera, quindi va bene. 
Ho avuto il piacere di fare il viaggio in treno con Deborah Parcesepe, ad averlo saputo prima avrei rimandato l'intervista per fargliela di persona, sarebbe stato strano e divertente.
Oppure è meglio così, nessun obbligo, un po' di redbull e una buona dose di umiltà. E' veramente la persona più umile che io conosca e in qualche modo sono riuscita a capire perché mi sia sempre sembrata così schiva e riservata. Un po' le invidio la capacità di lasciare quel qualcosa di sé fondamentale alle persone care. Io invece mi butto sempre senza paracadute e prendo delle musate incredibili, fino a chiudermi in maniera irreversibile. Non è sano per niente.

Ma che importa. Io cerco di apprendere da chi mi stimola, da chi mi piace, persino quando rido riconosco che non è del tutto farina del mio sacco.
Kurt Cobain diceva "I use bits and pieces of other personalities to form my own" e che ci piaccia o no, che lo troviamo incredibile o deludente, è così.




Nessun commento:

Posta un commento