mercoledì 22 agosto 2012

Non pensare

A volte penso a delle storie, ma non so ancora organizzare una così grande quantità di informazioni, non so incanalare le emozioni. Una storia deve essere scritta bene, le parole devono avere il giusto posto, devono essere scelte impeccabilmente. I verbi pure devono essere perfetti. 
Per me scrivere è come parlare, non trovo il tempo per sistemare tutto, posso solo cercare di farlo nella maniera più corretta possibile, senza dosare troppo i termini, talvolta sbagliando.

E' un fluire.
Non saprei mai scrivere una storia fluente, ecco perché ho mille bozze ferme da mesi, se non anni.

Però è un peccato.
Ho in mente l'immagine di Dario sul balcone, con la testa reclinata all'indietro, con delle grosse gocce che gli cadono sul viso, sulle palpebre chiuse e leggermente tremolanti, un po' per l'emozione, un po' per l'impatto.
E penso che una figura del genere deve assolutamente comparire nel romanzo che sto cercando di scrivere dall'anno scorso. Non saprei che carattere esattamente attribuirli, sono stati quasi tutti distribuiti.
Magari Dario no, ma la scena che lui ha generato sì. Un qualcosa di prezioso, di sottile, che ha cercato di condividere con me nonostante io non fossi lì, nonostante non l'avesse minimamente descritto.

Sono delle specie di tatuaggi sulla retina.
Devo tenere gli occhi aperti per non vederli, per tenere gli occhi aperti devo scrivere. 

Descrivere questa scena al meglio sarebbe come essere lì, avvicinarsi senza sapere bene cosa fare. Disturbarlo con una domanda cercando di leggere i suoi pensieri? Sfiorarlo sapendo che non si muoverà perché ha percepito i miei passi in punta di piedi ed era preparato? Affiancarsi ed alzare la testa cercando di assorbire con i sensi quello che lui cattura con la sua pelle? Scattare una foto...? 

Descrivere questa scena significherebbe aprire una porta con infinite possibilità. E' come quando pensiamo alle mille cose che potremmo fare con la persona che ci piace e che non sa di piacerci. Sono fantasie con cui si nutre lo spirito, che ci fanno sorridere di primo mattino dopo aver dormito poco, o che ci fanno passare la voglia di scendere dal treno quando arriviamo alla nostra fermata.

E' una questione delicata e non basteranno un paio di pagine bianche e una penna per risolverla.
Ma non devo pensare, non a quest'ora, non la mattina prima del caffè. 

E' un pensiero sottile e sibilante che striscia negli spazi disoccupati del mio corpo, è un serpente nella sabbia. Prima o poi spiccherà un balzo e sarà fuori un una frazione di secondo.
E' acqua in un vaso di sassolini. Prima o poi arriverà sul fondo.

Allora capirò come fare.

Per ora... non devo pensare.



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